Gli errori in cui cadono certi retailer e certi giornalisti

Gli errori in cui cadono certi retailer e certi giornalisti

A volte sembra una lotta contro i mulini a vento. Perché a stare dietro a tutti quelli che usano argomenti equivoci e parole sbagliate non se ne esce più. Ciononostante, ci impegniamo a ribattere a tutti, punto su punto. Perché gli errori in cui cadono certi retailer e certi giornalisti, come dimostra la rassegna stampa di questa settimana, possono essere episodici. Ma più spesso sono sistemici e sempre pericolosamente contagiosi. Quindi meglio porre subito rimedio.

 

 

Consigli di lettura:

  • Ecco, partiamo dalla presentazione di Elle Decor di una collezione di accessori vegana. Non è roba che fa per noi, ma fino a quando si rimane nel campo del soggettivo, non abbiamo niente da obiettare. I problemi invece si pongono quando l’autrice scrive, a proposito del materiale in cui è composto l’articolo: “L’espressione vegan leather (…) per alcuni (è) impropria, poiché più che di cuoio, di fatto, si parla di bucce” di frutta. E no, questo è un dato oggettivo, non un’opinione. Che l’espressione vegan leather sia impropria lo dicono la legge italiana, il vocabolario e il buon senso;
  • A proposito degli errori in cui cadono in termini non solo di vocabolario, ma anche concettuali, retailer e giornalisti, è il caso di soffermarsi sulle strategie green di Neiman Marcus e, in subordine, del modo in cui le tratta la redazione di Vogue Business. È un guazzabuglio di “ambizioni sostenibili” che, però, passano dall’esclusione dei materiali animali. È una rissa di espressioni irricevibili (come faux fur e apple leather) e (pericolose) spinte centrifughe che mettono nello stesso calderone pelle e pelliccia. Il tutto nella cornice di una clientela che non va delusa. E di una ricerca di materiali alternativi che, a quanto si intende, non sta andando bene;
  • Certe sbandate sono gravi, dicevamo, anche perché sono contagiose. Infatti, non a caso, a due giorni dall’articolo di Vogue Business ne è uscito uno sullo stesso argomento dell’italiana Linkiesta. Che casca negli stessi errori, incluso l’utilizzo di espressioni inopportune come “eco-pelliccia” e “pelle di uva”. Arriverà il giorno in cui sarà chiaro a tutti che si può definire pelle solo il prodotto della lavorazione delle spoglie animali, e nient’altro.

 

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