Mergermania, Arnault ha un vantaggio: può non badare a spese

Mergermania, Arnault ha un vantaggio: può non badare a spese

Già leader e già attiva. Anzi, iperattiva. La famiglia Arnault comanda i tempi della mergermania del lusso. Tramite la conglomerata LVMH e il fondo L Catterton, nel breve giro ha fatto sue Etro e Off-White. Mentre si aspetta la risposta dei competitor, il sodalizio guidato dal presidente e CEO Bernard (nella foto) si fa forte di una leva competitiva unica: può “non badare a spese”, come chiosa L’Economia de Il Corriere della Sera. Gli Arnault possono calare il prossimo colpo appena vogliono.

“Non badare a spese”

Ora come ora, a bocce ferme, “Arnault controlla quasi un sesto del mercato mondiale del lusso”. Non è finita qui. “Più passa il tempo – continua l’analisi – e più LVMH accumula risorse che gli permettono nel caso di competizione su un marchio di non badare a spese”. Lo si è già visto: “Si racconta che nessuno si avvicinò a Tiffany nelle mire di LVMH perché non avrebbe potuto reggere un’eventuale guerra”. E il fatto potrebbe ripetersi: “Ragionamento analogo sì fa in questi giorni per Burberry. Oggi sul mercato si parla di un interesse di Kering. Si dovrà capire se per Burberry sarà l’unico pretendente”.

A proposito di Burberry

Ecco, il gruppo britannico sembra alle porte di un periodo turbolento. Il brand viene da un periodo positivo, dal punto di vista dei risultati commerciali e finanziari. “La corsa di Burberry, però, rischia di fermarsi per diverse incognite”, nota A&F de La Repubblica, che la proiettano al centro dei rumors di mercato. Quali sono le incognite? “La prima è che Marco Gobbetti, artefice della rinascita del brand, ha dato le dimissioni per accettare un nuovo incarico presso Ferragamo – spiega l’analisi di A&F –. Il Financial Times ha stimato una perdita del valore della capitalizzazione in 1 miliardo di sterline dopo l’annuncio. L’altra incognita è legata al mondo cinese e alle partnership interrotte dopo l’ostracismo di Pechino”.

La filiera italiana

Certo, parlando di LVMH si parla dell’estremo apice della piramide del fashion business. Ma, dal canto loro, i gruppi italiani giocano la propria partita, guardando anche alla filiera. “C’è una gran voglia di contribuire alla crescita del nostro sistema anche da un punto di vista dell’industria e dell’artigianato – commenta Carlo Capasa, presidente di CNMI, con MFF –. Credo che ci saranno molti più investimenti in questa direzione. È il messaggio che arriva ad esempio da Zegna e Prada. Alcuni gruppi e brand italiani vogliono sostenere la filiera e diventare sempre più verticali. Gli imprenditori italiani spesso ci sorprendono e credo che lo faranno ancora”.

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