Progetti di lusso: Ferragamo monitora i fornitori e temporeggia per il ceo, da D&G chiudono (ancora) a ipotesi di cessione

C’è chi per assumere le decisioni strategiche per il futuro della propria azienda vuole prendersi tutto il tempo necessario. E chi, con grande anticipo, ha già deciso che con sé all’aldilà andrà (nel senso letterale) anche il proprio brand. Ferruccio Ferragamo (nella foto, a sinistra) si prepara all’assemblea del prossimo 20 aprile (chiamata a ratificare in bilancio il calo del 3,1%) spiegando al Sole 24 Ore che, malgrado il terremoto dell’addio di Poletto, per la scelta del nuovo ceo non c’è fretta: “Prima riorganizzeremo le direzioni generali e decentralizzeremo le funzioni – ha detto – poi sceglieremo l’ad, interno al gruppo o in arrivo da fuori”. Per la definizione della mossa non c’è deadline: “Non ci siamo posti scadenze: l’unica scadenza è scegliere bene”. Se c’è un argomento sul quale, invece, Ferragamo non perde tempo è quello della sostenibilità: il gruppo (che ha varato un piano strategico sul tema per il prossimo triennio) comunica di aver controllato tra il 2014 e il 2017 150 aziende subfornitrici (ispezioni cui sono seguiti 70 follow up), in un’azione di monitoraggio che ora andrà proseguita ed ampliata. Al Corriere della Sera, invece, Domenico Dolce e Stefano Gabbana (nella foto, a destra) mettono in chiaro due cosa. La prima: non cedono. “Proposte d’acquisto? Le abbiamo rifiutate tutte – dicono –: abbiamo creato un trust che nessuno dei due può toccare per assicurare il futuro del marchio”. La seconda: a proposito di futuro, il sodalizio lascia intendere che l’aspettativa di vita del marchio D&G non va più in là del loro: “Una volta che saremo morti, saremo morti. Non vogliamo che un designer giapponese inizi a disegnare Dolce&Gabbana”. Capito?

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