E i centri commerciali italiani, esasperati, chiudono per protestare

E i centri commerciali italiani, esasperati, chiudono per protestare

I centri commerciali di tutta Italia chiudono per protestare. Martedì 11 maggio i punti vendita delle grandi superfici hanno abbassato le saracinesche per alcuni minuti. Un modo simbolico per chiedere “l’immediata revoca delle misure restrittive che da oltre 6 mesi impongono la chiusura dei negozi nei giorni festivi e pre-festivi”. Sei le associazioni che hanno promosso la manifestazione: ANCD-Conad, Confcommercio, Confesercenti, Confimprese, CNCC–Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali e Federdistribuzione.

Chiudono per protestare

Martedì 11 maggio i punti vendita dei 1.300 centri commerciali d’Italia hanno chiuso dalle 11 per alcuni minuti. Lo hanno fatto al grido di “chiudiamo perché vogliamo aprire“, messaggio che i gestori dei centri hanno affisso anche agli ingressi delle strutture. L’iniziativa ha coinvolto circa 30.000 negozi e supermercati. Le organizzazioni del commercio chiedono “l’immediata revoca delle misure restrittive che da oltre 6 mesi impongono la chiusura dei negozi nei giorni festivi e pre-festivi”. Un modo per “dare voce ai 780.000 lavoratori delle 1.300 strutture commerciali integrate presenti su tutto il territorio nazionale, che vivono da oltre un anno in un clima di forte incertezza. Clima aggravato dalle stringenti misure con cui il governo impedisce a migliaia di attività commerciali di lavorare nel week-end, ovvero nei giorni più importanti della settimana in termini di ricavi e fatturato”.

 

 

Disponibilità e richieste

“Dall’inizio dell’emergenza, il settore dei centri commerciali ha avviato un dialogo costruttivo con il Governo. Il settore ha anche messo volontariamente e gratuitamente a disposizione 160 strutture sul territorio nazionale per la creazione di hub vaccinalicomunicano le associazioni -. Auspichiamo di poter avere dalle istituzioni risposte certe e tempestive, per rimettere in moto un comparto tra i più danneggiati dalla crisi, che continua ad operare solo parzialmente e senza una chiara prospettiva di ripresa”.

Le perdite

“Dall’inizio della pandemia i centri commerciali e gli outlet hanno registrato oltre 40 miliardi di perdite, 8 miliardi di entrate in meno nelle casse dell’erario – spiega Alberto Frausin, presidente di Federdistribuzione, ad ANSA –. Il nostro settore, che incide per l’8% del PIL a livello nazionale, è l’unico settore senza data di riapertura. Ogni weekend di chiusura sono 150 milioni di mancati incassi per lo Stato”. Nel pomeriggio di martedì 11 maggio i vertici delle associazioni coinvolte hanno incontrato a Palazzo Chigi Antonio Funiciello, Capo di Gabinetto del presidente Mario Draghi, e Mariastella Gelmini, ministra per gli affari regionali e le autonomie, per discutere della riapertura dei negozi. (art)

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