La cosa buona della crisi è che pure il greenwashing va in malora

La cosa buona della crisi è che pure il greenwashing va in malora

Se vogliamo cercare una cosa buona in una congiuntura tanto difficile, possiamo rallegrarci per il fatto che la crisi mette spalle al muro pure le pratiche più avventate di greenwashing. Ne parliamo sul numero di maggio del mensile La Conceria nell’articolo dal titolo “Almeno si scrostano i muri verdi”. Le risorse sono poche, il mercato è selettivo e in tutti i campi, dall’alimentare ai materiali per la moda, i furbetti del marketing eco-spinto sono costretti a rifare i proprio piani (se non proprio a portare i libri in Tribunale).

 

 

L’unica cosa buona

Qualcuno potrebbe allarmarsi e pensare che il fashion system stia abdicando al percorso di investimenti green. Non è così: “In crisi non è la sostenibilità – si legge nell’articolo –, ma chi voleva farne un facile mercato tinteggiando di verde le pareti grige”. Consumatori e investitori, invece, preferiscono allocare le proprie risorse in chi offre oggi concrete garanzie e non in chi le promette per un domani indefinito. Soprattutto oggi che in circolazione ci sono meno soldi. È proprio la congiuntura che accelera i processi, sia quelli di successo che quelli di fallimento: “Warrenn Buffett, uomo d’affari che non ha bisogno di presentazioni, diceva quando la marea è bassa si vede chi nuota nudo. Noi possiamo parafrasare: Quando i soldi sono pochi si vede chi fa la vera sostenibilità”.

Clicca qui per leggere la versione integrale di “Almeno si scrostano i muri verdi”

Qui per sfogliare il numero di maggio 2024 (“Una certa idea di sostenibilità”)

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