La risposta di Hermès a chi gli chiede se abbandonerà la pelle

La risposta di Hermès a chi gli chiede se abbandonerà la pelle

Leggendo in controluce il pezzo di Vogue Business sugli investimenti di Hermès, sembra quasi di cogliere un tono di incredulità. Perché nel reportage da Maroquinerie de Guyenne, pelletteria da circa 300 addetti (la 19esima del brand in Francia) inaugurata recentemente, aleggia una domanda: “Ma quindi la griffe non abbandonerà la pelle?”.

Dove va il mercato

La premessa logica dello scetticismo di Vogue è semplice: sul mercato si muove una rumorosa domanda di moda priva di materiali di origine animale. È un trend che forse si nota più sui giornali, che nelle boutique. Ma comunque c’è. Hermès non ha intenzione di assecondarlo? “Il movimento vegano si sviluppa velocemente – risponde Olivier Fournier, vicepresidente esecutivo con deleghe al corporate development e al social affairs –, ma la carne e gli allevamenti esistono da secoli e ancora oggi svolgono un ruolo importante nell’economia europea”. Insomma, la griffe francese, a differenza di altri brand (tipo, per fare un esempio recente, Volvo) ha deciso di rispondere al mercato senza semplificazioni e senza disconoscere la propria storia. Anzi, continuando nel proprio percorso. Hermès ha finanziato la startup MycoWorks, certo. Ma ciononostante “conferma il proprio impegno nella pelle animale”, riconosce Vogue.

Come si fa la sostenibilità

E, quindi, Fournier spiega all’intervistatore tutti i campi in cui Hermès declina la propria strategia sostenibile. A iniziare dalla durevolezza dei prodotti, primo principio eco-friendly in cui gioca un ruolo fondamentale la pelle. “Abbiamo l’esigenza di assicurare al cliente che compra un bene destinato ad esistere per lungo tempo”. Poi c’è la qualità del luogo di lavoro (che si scontra con alcuni problemi di recruiting): “Il nostro carbon footprint è basso grazie al modello artigianale – continua –. Se vogliamo mantenere i livelli occupazionali e anzi creare opportunità di lavoro, dobbiamo crescere. Ma la nostra crescita è limitata dalla capacità di assumere e formare artigiani”. Altrettanto importante è il controllo di filiera. L’80% della produzione della griffe avviene in Francia, riporta Vogue. Il gruppo nel complesso ha 64 siti produttivi, (anche in Italia, Portogallo, Svizzera, Stati Uniti e Australia) e controlla 7 concerie (in Italia, negli States e in Francia), che rispettano i regolamenti europei, i più stringenti al mondo.

 

 

E tanto altro

Sfidati sul piano della sostenibilità della pelle, i vertici di Hermès ne hanno da raccontare. Possono spiegare come interpretano la trasparenza e come la tracciabilità (ad esempio con il progetto di marcature laser della pelle sviluppato con CTC). Possono offrire anche tanti numeri. “Nell’ultimo anno Hermès ha investito 1,4 milioni di euro nell’ottimizzazione della gestione dei rifiuti di conceria – sintetizza Vogue –. Tra il 2019 e il 2020, i rifiuti industriali pericolosi prodotti dall’uso della pelle sono diminuiti di 17 tonnellate. Gli scarti e i ritagli non sono trattati come rifiuti, ma reindirizzati alla collezione Petit H. I rifiuti di tintura – che rappresentano il 50% dei rifiuti totali – si convertono in carburante alternativo”. Insomma, se l’intervistatore voleva sapere da Hermès se prepara l’abbandono della pelle, la risposta è chiara. No.

Foto da Hermès

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