L’anno dei merger e del “famolo insieme, famolo strano”

L’ultima, roboante, notizia è arrivata mentre stavamo impacchettando i regali di Natale. Giovedì 23 dicembre: Crocs, colosso USA del sandalo in plastica ha sborsato 2,5 miliardi di dollari per acquisire Hey Dude. In altre parole: un brand calzaturiero da 570 milioni di fatturato, fondato e disegnato in Italia, prodotto in Cina, quartier generale a Hong Kong. È l’ultimo botto dell’ennesimo anno dei merger. E non solo. Al di là degli incessanti processi di integrazione e fusione portati avanti a colpi di milioni e miliardi (per esempio da Chanel), il 2021 è stato anche l’anno delle collaborazioni più inedite, spinte, imprevedibili, alcune delle quali disruptive nel vero senso di questo abusato e ormai odioso termine.

L’esempio di Sergio Rossi

L’operazione che, secondo noi, ha spaccato il 2021 (non a caso è avvenuta a giugno) è stata  quella che ha portato Sergio Rossi sotto l’ombrello finanziario dei cinesi di Fosun Fashion Group. Altre (con un particolare focus conciario) avevano scandito i mesi precedenti, al punto che a questo tema sempre a caldo abbiamo dedicato la copertina del nostro mensile di luglio, intervistando il CEO di Sergio Rossi, Riccardo Sciutto.
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L’anno dei merger

Per tutti i gusti e per tutta la filiera. Mettere in fila tutti i merger del 2021 sarebbe lungo e complicato. Si va da valle a monte, dal lusso alla fornitura, da chi più ne ha più ne metta. Un meccanismo frenetico che vede, al top della piramide la paradossale situazione per la quale un nutrito gruppo di brand e multinazionali cerca prede di alto livello che, però, son rimaste poche e piuttosto fiere della propria indipendenza. Così, la mergermania si è spostata qualche passo indietro, determinando la costituzione di piccoli, ma agguerriti conglomerati della manifattura. Senza dimenticare tutti quelli, come il Gruppo OTB, da che da mesi non fanno altro che annunciare la “prossima intenzione di procedere ad altre acquisizioni”.
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Famolo insieme, famolo strano

Per Maria Grazia Chiuri, mente creativa di Dior, non sono, diciamo così, troppo auspicabili. Invece, per molte altre griffe sono diventate la regola. Per esempio: per Gucci e Balenciaga, artefici di una collaborazione definita come “un reciproco hackeraggio”. Oppure, per Fendi e Versace, che hanno dato vita a un nuovo, estemporaneo brand: Fendace, scambiandosi pure le manifattura. E, infine, l’exploit parigino di Balenciaga, che a ottobre ha portato in passerella la co-lab più irriverente da immaginare. In altre parole, quella con Homer Simpson.
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